'Sognare' e Sognare
Di Corey Donovan
(Traduzione di Stefano Pravato e Paolo Querini)
Ho consapevolmente abbandonato, da almeno un anno, le "istruzioni pratiche per 'sognare'" di Castaneda e da allora mi ?sempre pi?chiaro che realmente l’uomo non
sapeva granch?del valore reale dei sogni e della loro bellezza.
Capisco ora che ho imparato infinitamente di pi?sui sogni, i miei almeno, in quattro anni e mezzo di psicoterapia Junghiana (interrotti un anno e mezzo dopo aver ascoltato
le tirate di Castaneda contro la terapia) di quanto non abbia mai imparato dallo stesso Castaneda. E adesso ci?mi sembra perfettamente logico.
Alla stregua di molti narcisisti, Castaneda aborriva i terapisti, in quanto questi professionisti e le loro filosofie sono una vera minaccia alla pi?preziosa e allo stesso tempo
pi?fragile creatura del narcisista: la propria superiore persona. Castaneda si preoccupava solo di controllare i sogni, diventandone consapevole al loro interno, guardandosi
attorno, rendendoli "iperreali" eseguendo particolari compiti del sognare. Manifestamente egli non era interessato al contenuto o alla natura psicologica dei sogni--i ricchi e
variegati messaggi inviatici dal nostro subconscio e che riguardano le nostre vite, le nostre personalit? relazioni, emozioni e paure. Egli non intendeva essere disturbato da
dubbi o intuizioni che gli provenissero dall’inconscio e voleva solo che la sua mente conscia fosse al controllo in ogni momento. Questo implicava l’avere il controllo del suo
sognare alla stessa stregua di come cercava di controllare tutto il resto nella sua vita.
Nella mia esperienza, quest’approccio, dopo un poco, conduce ad un tale impoverito uso dei nostri periodi d’incoscienza notturna che bastano a malapena a sostenere una
persona, e non fornisce la ricca profondit?e completezza che si pu?ottenere prestando piena attenzione ai messaggi che la mente inconscia si prende cura di far trapelare
e, occasionalmente, di rivelare.
Se imparare a "sognare" "alla Castaneda" ?stato interessante per un po?di tempo--le prime poche volte in cui divenni consapevole nel "sognare" seguendo le sue
indicazioni, e riuscii ad estendere quei sogni utilizzando tecniche che avevo appreso da Lawton, diedero un incredibile euforia--alla lunga c’è qualcosa d’immaturo e
limitante nel sognare sempre in quel modo. Si tratta di un sognare molto guidato, basato sull’ego, in cui il contenuto dei sogni ?impoverito ed ignorato a favore del
perfezionamento del processo--il che equivale a preservare il controllo del sogno in ogni istante, a tutti i costi. E?difficile equiparare ci?al processo mediante il quale
individui maturi apprendono verit?celate su se stessi, le loro relazioni con gli altri e il loro rapporto con la vita. Non si tratta di qualcosa che insegni a fare uso delle
metafore, ricche e potenti, proprie del mondo senza limiti del sogno, ai fini della scoperta e dell’illuminazione personale. "Sognare" cos? dopo un po? non ?nemmeno cos?br>
divertente o interessante, limitandosi, come difatti ? al perfezionamento di un processo piuttosto che a permettere un rispetto crescente per quello che si vede ogni notte e
per quello che queste scene possano significare e significano.
Lo stesso Carl Jung esplor?l’immaginazione attiva--l’essenza dei sogni da svegli--che ritengo essere stata la fonte di Castaneda e compagni per molte delle loro storie di
fantasia su se stessi e le loro grandiose vite come apprendisti stregoni. E?sintomatico del narcisismo di Castaneda quando egli scrive che chiunque che abbia praticato il
"sognare" possa infine avere gli stessi sogni ricorrenti del mondo a tunnel degli esseri inorganici che ebbe lui stesso, in quanto i narcisisti vedono le altre persone
semplicemente come estensioni di se stessi. Per Jung, in ogni caso, queste esperienze di "sogni da svegli" erano un potente strumento per l’individuazione e per divenire
maggiormente consapevoli del proprio s?celato. Mentre Castaneda cercava percezioni che potessero essere usate per aiutare a gonfiare il suo ego e la sua autoimmagine,
per aiutarlo a renderlo superiore e indistruttibile, Jung usava queste esperienze--a volte penose e profondamente sconcertanti—per aprire nuove porte di consapevolezza,
non solo sulle spinte e motivazioni del suo subconscio, ma anche sulle maniere in cui noi tutti siamo interconnessi--in quanto, nella sua visuale, i nostri sogni portano
immagini che ragionevolmente provengono da un inconscio collettivo.
Nelle scorse settimane non ho avuto esperienze col "sognare" (e non le sto cercando), ma ho avuto esperienze di sogni che mi hanno molto colpito. Invece di ignorare il
contenuto, come consigliava Castaneda, me ne sono interessato e ci ho lavorato sopra, lasciando emergere lentamente il significato alla superficie nella mia vita
quotidiana. Questo, naturalmente, ?un processo che dura una vita, ma sta gi?dando alla mia vita pi?scopo e un senso di connessione pi?profondo e pi?ricco--non solo
col mio inconscio e col mio passato, ma anche in termini di connessione con gli esseri viventi, umani e non, e il mio pianeta--di quanto abbia mai sperimentato in dozzine
di sessioni con Castaneda o in centinaia di settimane a seguire i suoi consigli sul "sognare".
Sono molto grato per questi sogni, sono profondamente riconoscente per la nuova ventata di vita che hanno aiutato a generare, e sono grato anche a Castaneda per il suo
esempio negativo. Mi avvedo ora dove possa condurre una vita votata ad ottenere il controllo (su se stessi) per mero e fanatico narcisismo. Per converso, ritengo che il
concedere una rispettosa ed amorevole attenzione al contenuto dei miei sogni aiuti ad accrescere di significato la vita e lo spazio in cui si svolge la mia storia di "uomo
mortale", permettendomi di raggiungere e mantenere i massimi livelli (possibili) di consapevolezza e comprensione.
Concludendo, ecco due brevi estratti da C.G.Jung, Memorie, Sogni, Riflessioni. Il primo a mio avviso riassume la trappola in cui Castaneda e Cleargreen sono caduti in
prossimit?del "sognare." Il secondo parla dei sogni come di una questione personale senza fine, ricca e fruttuosa.
1. "Poich?l’inconscio, quale risultato della sua relativit?spazio-temporale, possiede fonti di informazione migliori di quelle della mente conscia--che dispone solo di
percezioni sensorie--per il nostro mito della vita dopo la morte dipendiamo dai miseri suggerimenti dei sogni e analoghe rivelazioni spontanee dall’inconscio. Come ho gi?br>
detto, fino a prova contraria, non possiamo attribuire a queste allusioni il valore di conoscenza. Ad ogni modo esse possono fungere da adeguate basi per amplificazioni
mitiche; danno all’intelletto inquirente il materiale grezzo indispensabile per la sua vitalit? Tagliate il mondo intermedio dell’immaginazione mitica e la mente cadr?preda di
rigidit?dottrinarie. D’altro canto, troppa circolazione per questi germi di miti ?pericolosa per le menti deboli e suggestionabili, portate a confondere vaghi suggerimenti la
con conoscenza sostanziale, divinizzando cos?delle pure fantasticherie.
2. "Il significato della mia esistenza ?che la vita mi ha rivolto una domanda. O, viceversa, io stesso sono una questione rivolta al mondo, e devo comunicare la mia
risposta, in quanto dipendo dalla risposta del mondo. Si tratta di una sfida che trascende la dimensione personale, cui adempio solo con sforzo e con difficoltà…..Io penso
anche alla possibilit?che mediante i risultati di un individuo una domanda entri nel mondo, a cui egli debba fornire qualche tipo di risposta?. Le immagini interne
impediscono che mi perda in retrospezione personale. Molte persone anziane diventano troppo invischiate nella loro ricostruzione di eventi passati. Rimangono inprigionati
in queste memorie. Ma se ?riflessiva ed ?tradotta in immagini, la retrospezione pu?essere un "reculer pour mieux sauter". Cerco di scorgere la linea che porta la mia vita
nel mondo e nuovamente fuori dal mondo.